Percorsi di ascolto – 9 – espressioni di polifonia mariana

La figura di Maria ha sempre suscitato grande attrazione per tutti i compositori di musica sacra attraverso tutte le epoche della storia della musica. Il Magnificat e l’Ave Maria sono sicuramente due fra i testi mariani che hanno costituito maggiore fonte di ispirazione, che hanno portato spesso ad autentici capolavori.

Madonna in preghiera
Fra Filippo Lippi, Public domain, attraverso Wikimedia Commons

L’odierno percorso d’ascolto propone quattro espressioni polifoniche su testo mariano in lingua latina che abbracciano un arco temporale dal primo barocco di Johann Pachelbel fino al linguaggio ancora tonale ma del periodo contemporaneo di Luigi Molfino.

Nel Magnificat in Re maggiore di Johann Pachelbel (1653–1706), qui proposto nella versione per coro e organo dall’originale per archi, si comincia ad avvertire chiaramente il mutato clima espressivo rispetto al precedente periodo rinascimentale. Nelle varie strofe del testo si alternano spunti in imitazione fra le quattro voci, retaggio del contrappunto cinquecentesco che continuerà ad essere adottato costantemente e sapientemente da Bach e Haendel in particolare; ma accanto ad esso si sentirà il coro procedere compatto con una scansione omoritmica del testo, mediante slanci melodici e grande attenzione all’accentuazione delle parole, il tutto sostenuto da un percorso armonico molto semplice ma efficace.

«Sancta Maria, Mater Dei», graduale ad festum Beata Virgine Mariae per 4 voci, 2 violini, viola, basso ed organo, è stato composto da Wolfgang Amadeus Mozart (1756–1791) a Salisburgo il 9 settembre 1777, probabilmente per la festa del nome di Maria che cade il 12 settembre. Doveva forse essere un ex voto di Mozart in occasione dell’imminente grande viaggio alla volta di Monaco, Mannheim e Parigi. È un Allegro moderato nel quale la scrittura è trattata in modo puramente omoritmico e l’organo (nella presente esecuzione) segue pedissequamente le voci. È un lavoro ispirato ad una devozione mariana semplice e commossa che rientra a pieno titolo nello stile della musica sacra salisburghese.

Questo il testo del graduale:

Santa Maria, madre di Dio, a te io devo tutto, ma da questa ora particolarmente mi consacro al tuo servizio, e ti eleggi padrona e salvatrice paterna.
Il tuo onore e culto eterno sia al mio cuore, che io giammai lascerò che da altri siano violati con la parola o con l’azione.
Santa Maria, tu pia accoglimi ai tuoi piedi, proteggimi nella vita, difendimi in punto di morte.
Amen.

Con Lajos Bardos (1899–1986) e il suo «Audi, filia!», graduale di Santa Cecilia per coro a 4 voci a cappella, si cambia decisamente linguaggio e approccio al testo. Basti ascoltare come il compositore ungherese incarichi i tenori ad esortare la Vergine a porre attenzione al Re che si è invaghito della sua bellezza. Ne nasce un mottetto pieno di slanci emotivi, contrasti dinamici, svariate combinazioni vocali, in strettissima aderenza al testo. È un brano che va cantato con una grande emozione interiore, in una sorta di recitazione melodrammatica, in un crescendo di tensione, culminante nel grido che risuona nella notte, segnale dell’avvento dello sposo che viene incontro alle cinque vergini.

Questo il testo del graduale:

Audi, filia!
et vide et inclina aurem tuam,
quia concupivit rex speciem tuam.
Specie tua et pulchritudine tua
intende prospere, procede et regna.

Alleluja!

Quinque prudentes virgines acceperunt oleum
in vasis suis cum lampadibus.
Media autem nocte clamor factus est:
ecce sponsus venit,
exite obviam Christo Domino.

Ascolta, figlia!
e sta’ attenta e porgi il tuo orecchio,
poiché il re si è invaghito della tua bellezza.
Valendoti della tua mirabile bellezza,
va’ dritta felicemente al tuo scopo, fatti avanti e regna

Alleluja!

Cinque avvedute vergini misero
nelle loro ampolle l’olio per le lampade che tenevano con loro.
Nel mezzo della notte si udì un grido:
ecco viene lo sposo,
uscite incontro a Cristo Signore.

Di carattere molto intimo, intriso di una profonda fede ci apparirà all’ascolto l’Ave Maria di Luigi Molfino (1916–2012), organista, compositore e direttore di coro oltre che esimio didatta. Il testo si dipana nelle mani di Molfino con armonie che attraversano praticamente tutto il totale cromatico, mediante accostamenti accordali appartenenti a regioni tonali spesso molto distanti fra loro, che creano «colori armonici» molto adatti ad interpretare ogni singola parola della preghiera mariana. Durante l’ascolto si avrà modo di cogliere anche la perfetta conoscenza dello strumento coro da parte del nostro compositore. Vorrei segnalarvi alcuni momenti a mio avviso di grande impatto: «Ora pro nobis peccatoribus»: è considerato da Molfino il fulcro spirituale del testo: solo qui si raggiunge il climax di tutto il mottetto; solo qui si sentirà un crescendo culminante su «nobis», a cui seguirà improvviso un precipitare nel registro grave in particolare dei soprani su «peccatoribus», Tale parole viene fatta cantare due volte dal coro: la prima, appunto, su un accordo in forte dissonanza (è la bruttura del peccato), ma la sua ripetizione è come stemperata nel perdono elargito. Altro trasalimento emotivo lo coglieremo su «mortis», musicato su un accordo che ci arriverà assolutamente inaspettato, nuovo, mai sentito dall’inizio del brano, accentato e subito smorzato in pianissimo. L’Amen finale vivrà dello stesso tema dell’Ave Maria iniziale. Il canto di fede torna da dove è partito: dal volto e dalle braccia materne della Vergine Maria.

Buon ascolto.

L’esecuzione è dell’Accademia corale di Lecco in occasione del Concerto tenuto ad Abbadia Cerreto (LO) domenica 20 maggio 2018 presso l’Abbazia dei SS. Pietro e Paolo.

Organista: Paolo Mauri

Direttore: Antonio Scaioli

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